Perché? Non si tratta semplicemente del mio metodo di lavoro: questa prassi ha una base scientifica che riguarda il rapporto tra corpo, mente e ambiente.
Per comprenderlo partiamo da uno dei fattori che più incidono sulla salute di una persona e, quindi, anche sui risultati di una dieta: lo stress. Che cos’è lo stress? Nel secolo scorso Hans Selye ne diede la prima definizione scientifica: “lo stress è la risposta strategica dell’organismo nell’adattarsi a qualunque esigenza, sia fisiologica che psicologica, a cui venga sottoposto. In altre parole è la risposta aspecifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso“.
"Mens sana in corpore sano"
Giovenale
Quando decido di prendere in cura una persona prima valuto sempre la sua situazione nel complesso, analizzandola dal punto di vista fisico, emotivo e di abitudini di vita.
"Mens sana in corpore sano"
Giovenale
Quando decido di prendere in cura una persona prima valuto sempre la sua situazione nel complesso, analizzandola dal punto di vista fisico, emotivo e di abitudini di vita.
L’organismo, dunque, è in grado di autoregolamentarsi rispondendo sia agli stimoli interni che esterni; in modo naturale esso tende all’omeostasi, cioè al mantenimento di un equilibrio fra tutte le sue componenti, chimiche, fisiche e comportamentali. Ma cosa succede in pratica?
I grandi sistemi di regolazione dell’organismo umano – il nervoso, l’endocrino e l’immunitario – interagiscono tra loro e con la psiche: ogni stato emotivo, con le sue complesse sfumature, viene generato nelle zone più evolute del cervello e poi trasmesso in tutto il corpo, nei singoli organi e apparati, mediante gli impulsi nervosi e grazie all’intervento di particolari sostanze quali neuropeptidi, neurotrasmettitori e ormoni. Queste sostanze si legano come delle “chiavi” a delle “serrature” specifiche situate sulla membrana cellulare, in ogni parte del corpo. Ciò significa che tutto il corpo “pensa” e che ogni cellula “sente” e prova “emozioni”, elabora le proprie informazioni e le trasmette ad ogni altra cellula attraverso una fittissima rete di comunicazione, per cui ogni aspetto psico-fisico umano può essere visto come una parte di un’unica realtà. Le emozioni, dunque, viaggiano: possiamo definirle come dei messaggeri che trasportano informazioni per collegare tra loro i grandi sistemi dell’organismo in un’unica unità funzionale, il “corpo-mente”; ciò significa che anche le cellule immunitarie sono in grado di interpretare i messaggi provenienti dal nostro cervello.
Questa tendenza naturale dell’organismo è molto importante perché ci dice che esiste un “network” da cui dipende lo stato di salute del nostro organismo e sul quale possiamo intervenire.
La PNEI (Psico-Neuro-Endocrino-Immunità) è lo studio delle relazioni tra il sistema nervoso, l’endocrino, l’immunitario e la psiche; grazie ad essa si possono curare tutte le patologie legate allo stress e non solo: problemi legati alla tiroide, disturbi gastro-intestinali, intolleranze alimentari, ritenzione idrica, disturbi del ciclo mestruale e legati alla menopausa, osteoporosi, cefalee croniche, insonnia, impotenza ed effetti collaterali di radio e chemioterapia.
Anche il cibo è considerato un importante agente stressorio. Per questo la PNEI è una delle discipline fondanti la mia pratica medica.
Cercheremo insieme di trasformare il cibo in emozione positiva, in modo da avere sempre il piacere di mangiare, ma in modo sano, con gusto e senza sensi di colpa
Il cibo è arte, musica, salute, cultura, come tale deve nutrirci e migliorare la nostra vita.
l'omotossicologia
l'omeopatia del 2000Avere una visione unitaria dell’organismo e dei suoi principali sistemi, psiche compresa, mi ha portato anche a considerare fondamentale, nel mio lavoro, l’omotossicologia quale nuovo modo di curare e considerare la malattia.
l'omotossicologia
l'omeopatia del 2000Avere una visione unitaria dell’organismo e dei suoi principali sistemi, psiche compresa, mi ha portato anche a considerare fondamentale, nel mio lavoro, l’omotossicologia quale nuovo modo di curare e considerare la malattia.
Secondo questa disciplina, infatti, lo stato di salute è il processo di omeostasi dinamica attivo in ogni persona e la malattia l’espressione della lotta fisiologica dell’organismo che tende ad eliminare quelle “omo-tossine” (o agenti stressori) endogene ed esogene che hanno superato la soglia di allarme. La terapia che l’omotossicologo mette in campo, di conseguenza, andrà a stimolare i meccanismi di autoguarigione propri dell’organismo, incrementando la risposta immunitaria specifica di ciascun soggetto. Ma come opera l’omotossicologia?
Il medico omotossicologo utilizza tanto le acquisizioni della medicina omeopatica quanto quelle della medicina convenzionale.
A tale scopo prescrive farmaci omeopatici unitari a bassa, media e alta diluizione o complessi, derivati sia dell’omeopatia classica sia da acquisizioni farmacologiche più recenti (quali i substrati d’organo di suino, i catalizzatori intermedi, i chinoni ed i vari principi immunostimolanti).
Il principio su cui si fonda era già noto ai tempi di Ippocrate: per potersi sviluppare, una malattia ha bisogno anche di fattori predisponenti, modulati dall’ambiente, dalle caratteristiche tipologiche, dall’alimentazione e da tutto ciò che interagisce con la vita del soggetto. In omeopatia questo complesso di fattori va a costituire il cosiddetto “terreno”, la cui recettività a un attacco esterno può essere fonte di malattia; a differenza dell’allopatia, che cura la malattia attraverso il suo “opposto” e dà quindi importanza al sintomo e non al paziente, questa disciplina si focalizza sul soggetto e su questo “terreno”, cercando di intervenire preventivamente e, nel caso, utilizzando, in dosi infinitesimali, lo stesso principio causa della malattia.
Il più delle volte ci rivolgiamo al medico quando i malesseri sono già manifesti. Anche Hahnemann, padre dell’omeopatia, e Reckeweg, fondatore dell’omotossicologia, confermano che la malattia ha origine dal centro dell’organismo, la mente, ed evolve coinvolgendo progressivamente il campo emozionale, sensoriale, fino a trasformarsi nella disfunzione di un organo o di un intero apparato, che produce il danno fisico. È importante quindi che l’intervento terapeutico preceda questo stadio, quando la risposta del paziente alla cura è migliore.
L’omotossicologia si prefigge di curare il malato e non la malattia, secondo il principio dell’individualità che considera ogni paziente nella sua unicità e lo osserva nella sua complessità di sintomi, segni, costituzione, ereditarietà, ambiente lavorativo, affetti, traumi, alimentazione, e tutto ciò che interferisce con la sua vita.
Con questo procedimento si è in grado di focalizzare i primi momenti responsabili delle disfunzioni alla base della lesione e intervenire in fase preventiva.
I vantaggi terapeutici rispetto all’omeopatia classica sono molteplici, ma due hanno particolare rilevanza: la possibilità di intervento anche nelle malattie degenerative e i risultati molto veloci nelle patologie acute.
Anche per questo ho scelto di affiancare l’omotossicologia alla medicina tradizionale, quale metodo per aiutare le persone che si affidano a me, perché in questo modo metto il paziente al centro della terapia, curando il soggetto che fa quella determinata malattia e non la malattia stessa. L’omotossicologia infatti, come evoluzione dell’omeopatia classica, mira a potenziare il sistema immunitario per espellere le tossine dal nostro corpo, aiutando l’organismo nella delicata fase di autoriparazione e quindi di prevenzione, di cura, mirando alla guarigione.
E questa forma mentis è la stessa che utilizzo nella metodologia del dimagrimento e che guida il mio rapporto con i pazienti.